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La rivoluzione delle real ale
scritto da: Roger Protz
tradotto da: Nicola Zanella
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Se volete far arrabbiare un birraio domandategli se produce delle birre “vere”. “Tutta la mia birra è vera!” vi risponderà bruscamente. L’Oxford English Dictionary non la pensa così… La birra “vera” (d’ora in poi fatemela chiamare “real ale”, per favore N.d.T.) secondo gli autori del dizionario è “il nome di una birra alla spina (o in bottiglia) prodotta con ingredienti tradizionali, maturata con una fermentazione secondaria nel contenitore da cui sarà poi servita, e servita senza l’ausilio di anidride carbonica esterna”. La definizione dell’OED è stata stilata con l’aiuto del CAMRA, ed è diventata la pietra miliare di uno stile di birra quasi esclusivamente britannico. I birrai di pochi altri paesi dicono di produrre qualcosa di simile, ma in genere si tratta solo di una birra non pastorizzata, come una ungerspundert lager della Baviera settentrionale.

Un’autentica real ale gode dei benefici di una fermentazione secondaria in fusto nella cantina del pub. Questa fermentazione secondaria, o “fret” in gergo, è vivace ed effervescente. La birra, le bolle di CO2 e la schiuma escono dal tappo di legno poroso situato alla sommità del fusto. A volte l’attività frenetica che avviene all’interno del fusto lo stappa e la birra in attività (liberata dei confini imposti dal fusto) va a bagnare il soffitto della cantina in un orgasmo birrario!

Le poche pale ale rimaste a Burton-upon-Trent sono famose per la loro fret vulcanica nel fusto. Birre del calibro della Marston’s Pedigree e della Draught Bass devono essere trattate con tutto l’amore e tutta l’attenzione che di solito si riserva a un neonato settimino. Il fusto deve essere conservato per almeno una settimana prima di mettere il rubinetto e sfiatarlo. Una volta inserito il tappo per lo sfiatamento, la birra deve essere controllata e pulita dalla schiuma frequentemente, e deve esserne spinata un po’ per controllare la carbonatazione e la limpidezza.

Ci si deve meravigliare poco se la rifermentazione in fusto è sparita in quasi tutti i paesi durante il ventesimo secolo. La filtrazione, la pastorizzazione e la spinatura a gas hanno sostituito il lento e arcano rituale legato ai fusti, ai tappi e ai rubinetti nei bar e nei caffè, dove i manager e gli operatori non hanno né le conoscenze né l’esperienza per badare alla birra.

La birra maturata in fusto è sopravvissuta nel Regno Unito – in particolare in Inghilterra – come il risultato di una vera e propria cultura del pub, nella quale la birra viene degustata e discussa piuttosto che cacciata in gola soprappensiero. Un elemento importante di questa cultura è il “tied pub”, di proprietà diretta di una birreria che controlla strettamente la qualità della birra e la formazione dei gestori.

Sia il sistema dei tied pub che la birra maturata in fusto hanno le loro radici nei cambiamenti radicali che il mondo birrario britannico ha subito nel corso del 19esimo secolo. Da quel che si tramanda, le ale erano sempre state invecchiate per mesi o anni in grandi barili di legno (detti vat), come il vino.

Sebbene le porter e le stout, sviluppatesi agli inizi del 18esimo secolo, hanno favorito la creazione della moderna industria birraria basata su una grande produzione, la parte “matura” o “vecchia” delle birre scure veniva ancora maturata in vat anche se il periodo di maturazione si era ridotto ad alcuni mesi. (La Whitbread, la prima delle grandi birrerie di porter londinesi, ha smantellato i suoi vat solo dopo la Grande Guerra.)

I cambiamenti più significativi si ebbero con lo sviluppo delle India pale ale di Burton-upon-Trent. Burton è stata per secoli famosa per la qualità delle sue birre dovuta all’acqua eccezionalmente dura, ricca di gesso, che si portava alla superficie tramite profondi pozzi scavati nella valle del fiume Trent. Queste ale erano di colore bruno, dato che venivano prodotte con malto essiccato su fuochi di legno. Ma all’inizio del 19esimo secolo, l’invenzione del coke (carbone purificato dai gas nocivi) consentì ai birrai l’utilizzo, come elemento principale delle loro birre, di malto pale, un malto molto enzimatico che produce un mosto nobile molto ricco in zuccheri. I birrai di Burton scoprirono, con somma gioia, che il malto pale e l’acqua ricca di solfato di calcio e magnesio formano un perfetto matrimonio d’amore.

I sali promuovono l’azione degli enzimi durante il mashing e del lievito durante la fermentazione, rendono il mosto più limpido ed estraggono meglio l’aroma e i principi amaricanti del luppolo durante la bollitura. L’armonia fra il luppolo e il solfato di calcio consentì ai birrai di usare un alto quantitativo di luppolo nelle loro nuove pale ale, e questo favorì la ricostruzione del commercio con la Russia e i Paesi Baltici (che era stato distrutto durante le guerre napoleoniche).

Le nuove pale ale erano destinate all’esportazione in India e nelle altre zone dell’Impero. Dato che dovevano sopportare viaggi in mare della durata di tre o quattro mesi, non potevano essere maturate in vat che non sarebbero entrati nelle stive delle navi. I barili furono allora sostituiti da fusti da 250L (conosciuti come hogshead).

Quando questi fusti arrivavano ai porti di Liverpool o di Londra venivano sfiatati per evitare che esplodessero durante il viaggio, dopodiché venivano ritappati e imbarcati. Durante il viaggio la birra avrebbe avuto una fermentazione secondaria che avrebbe fornito il quantitativo ideale di anidride carbonica. Il luppolo favoriva la limpidezza e teneva distanti le infezioni, e quando i fusti arrivavano a Calcutta o nelle altre città la birra era pronta per essere immediatamente imbottigliata e messa al fresco.

Nonostante la loro fama, il posto d’onore che si meritano nei libri di storia birraria e la loro capacità di ispirare una generazione intera di birrai negli Stati Uniti e nel Regno Unito, il momento di gloria delle IPA è stato davvero breve. A partire dal 1880 le pale ale furono scacciate dalle colonie dalle lager tedesche. Un colono, critico delle birre britanniche, si lamentava che esse erano “troppo alcoliche, troppo torbide, troppo amare e troppo poco gasate”.

C’erano anche altre lamentele legate agli effetti narcotici delle birre molto luppolate. Alcune ricerche effettuate dalla Bass di Burton hanno scoperto che le IPA di allora avevano un contenuto alcolico di 7% vol e circa 82 IBU come livello di amaro.

Ancora una volta i birrai di Burton dovettero cercare nuovi mercati, questa volta più vicini a casa. Il rapido sviluppo del sistema ferroviario in UK consentiva di trasportare la birra da Burton – situata nel cuore dell’Inghilterra – a tutte le principali città del paese. Quando a Londra si costruì la stazione ferroviaria di San Pancrazio, le sue cantine furono progettate per sistemare gli hogshead di Bass.

T.R. Gourvish e R.G. Wilson, autori di “The British Brewing Industry 1830-1980” (CambridgeUniversity Press), descrivono la pale ale come “la birra dell’era delle ferrovie”. La nuova birra affascinava soprattutto la nascente middle-class, desiderosa di bere una birra differente dalle mild e dalle porter bevute dalle tute blu. Come scriveva Julian Baker in “The Brewing Industry” (1905) “la birra chiara, prodotta in quantità maggiori ogni anno, è più o meno il risultato della domanda della middle-class per una birra piacevole e di pronta beva”. Le pale ale destinate al mercato locale non potevano avvicinarsi alla forza delle vecchie IPA; dopotutto sia l’alcol che l’amaro erano stati alti per consentire il viaggio per mare. Le nuove pale ale avevano un contenuto alcolico circa del 5% vol e (per quello che ne sappiamo) meno di 40 IBU. Quando venivano servite alla spina nei pub erano destinate ad una bevuta facile e rapida e perciò i birrai le chiamavano “running beers”.

Le running beers, antenate delle attuali real ale, erano pensate per un nuovo modo di servire la birra nei pub a gestione familiare. Il Beer Act del Parlamento (1830) aveva introdotto il mercato libero per la vendita della birra. Un qualsiasi cittadino poteva pagare una tassa di 2 guinee (poco più di 3€) e servire birra a casa propria. Questi pub, conosciuti con il nome di “Tommy and Jerry houses”, portarono ad un rapido incremento del consumo di birra e nell’esplosione di fenomeni di alcolismo e violenza.

Quando il governo impose restrizioni al commercio di birra, la maggior parte dei proprietari andò in bancarotta. Molti pub erano rimasti aperti grazie anche ai prestiti delle birrerie che persero quindi i loro investimenti. Queste birrerie si affrettarono a recuperare le perdite comprando sottoprezzo i prodotti dai pub falliti, ma il crescente prezzo reale dei beni aumentò la pressione finanziaria su di loro. Si trovarono improvvisamente a possedere migliaia di pub che potevano fornire direttamente coi propri prodotti, ma non si potevano più permettere il lusso di maturare la birra per mesi, sia in fusto che in barile. Cercavano un ritorno immediato per la loro birra.

Il risultato fu trovato con le running beers. Esse furono rese possibili anche dagli ulteriori miglioramenti nella tecnologia birraria. Nel 1902 J.M. Hanbury disse ai suoi colleghi direttori delle grandi birrerie londinesi Truman Hanbury & Buxton: “Un orzo migliore significa peso più alto, migliore estrazione, migliore qualità del mosto, migliore birra, migliori vendite, minori residui in magazzino e migliore reputazione”.

Nella produzione di running beers fu importante anche l’aumento della conoscenza scientifica del lievito. Si riesce a controllare più facilmente un lievito singolo, o due lieviti insieme, piuttosto che un cocktail di 10 lieviti diversi come avveniva in passato. Il lievito si depositava sul fondo dei fusti, rendendo la birra limpida, entro pochi giorni dall’arrivo nelle cantine dei pub.

Un ulteriore aiuti venne dall’uso di un nuovo tipo di malto, chiamato crystal (caramalt negli USA). In questo malto stufato l’amido viene convertito in zucchero durante l’essiccamento. La gran parte dello zucchero è una destrina, che non può essere fermentata dal lievito. Il risultato di tutto questo è che il crystal dona alla birra corpo, ricchezza di sapori e un piacevole colore ramato. La sua morbidezza e rotondità bilanciava lo scarso corpo e la mancanza di maturità delle running beers.

Queste birre erano chiamate “bitter” dai consumatori quando erano alla spina, ma continuavano ad essere etichettate come “pale ale” sulle bottiglie. A differenza della IPA originali, che birrificate con solo malto pale e zucchero erano realmente chiare, le bitter avevano un colore ramato o ambrato derivato dall’uso di malto crystal. Il sistema dei tied pub potrà anche aver creato qualche dubbio negli altri paesi – ad esempio è illegale negli USA e in Francia – ma è stato il salvatore e la roccaforte della birra maturata in fusto.

Mentre la maggior parte delle birrerie al mondo è passata alle birre maturate in birreria e alle lager nel corso del 20esimo secolo, le birrerie britanniche sono rimaste fedeli ad un sistema in cui la birra grezza e non rifinita lascia la birreria per maturare nelle cantine del pub. Questo sistema ha retto fino agli anni 50, quando le birrerie iniziarono a sperimentare le birre in keg maturate in birreria. Il risultato di queste sperimentazioni suscitò nei consumatori una rivolta tenace e influente, che riportò la birra maturata in fusto al suo giusto posto nel pantheon della birra.
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