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Nuovi malti, nuovi mash?
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scritto da: Discussione tra Jeff Renner e Steve Alexander
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tradotto da: Luca Ferroni - luferroni@libero.it
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Questo articolo è tratto da una discussione tra Jeff Renner e Steve Alexander in risposta ad una domanda posta a HomeBrew Digest nello scorso mese di Aprile 2004. La traduzione è stata stata autorizzata Pat Babcock, responsabile di HBD, che vivamente ringraziamo.
In una delle principali pubblicazioni “Analisi di tecniche birrarie” di George Fix, viene indicato come l’infusione multistep a 50/60/70 gradi fosse la più indicata per avere una maggiore efficenza di estrazione dei malti sotto modificati e a 40/60/70 con malti ben modificati.
Tuttavia dalla pubblicazione della prima edizione del testo i malti hanno subito dei cambiamenti in quanto, le malterie, su richiesta delle birrerie commerciali, tendono a spingere le modificazioni degli orzi ad indice di Kolbach più elevati, tanto che i moderni malti pilsener sono ben più modificati dei malti chiari dei primi anni 80. Attualmente la maltazione si spinge fino a raggiungere i 42/43 gradi Kolbach per quasi tutti i malti fino a raggiungere i 48 per il malto pilsener della Dingemans.
Essi hanno moltissimi FAN resi disponibili dalla lunga maltazione, e quindi non richiedono nè beneficiano di lunghe pause sotto i 60 gradi che, se comunque fatta, può seriamente danneggiare il corpo della birra e la ritenzione della schiuma.
“Io credo che, inoltre, meno tempo il mash si prolunga, tanto meglio sarà in termini di ossidazioni e di preservazioni dei naturali antiossidanti contenuti nell’infusione.
In AoBT l’autore dichiara che l’infusione multistep a 40/60/70 gradi porta al 15% di resa in più rispetto ad una monoinfusione. Personalmente dubito che ci sia un guadagno così consistente ma, in ogni caso, il malto è a buon mercato per un HB, mentre il tempo e gli sforzi per ottenerla no.
Felicemente mi toglierei il 15% di resa più pur di risparmiare tempo e impegno per una infusione multistep.
Fix inoltre nota che l’infusione produce lo stesso profilo che uno a più temperature, per cui perchè preoccuparsi? Marginali rese di efficienza in più sono per modeste birrerie commerciali.”
Nella seconda edizione di AoBT l’autore dichiara di preferire le infusioni a 40/60/70 dati i moderni malti ben modificati. Nel passaggio a 40° non ci si aspetta più però nessuna azione enzimatica, per cui sarebbe meglio chiamarla idratazione e, anche se porta ad un più rapido rilascio dell’estratto, rimane un passaggio non significativo che potrebbe essere saltato.
Kunze riporta che poche birrerie si preoccupano di partire con step a 40°
“Se comunque vuoi fare una infusione con partenza a 40° (Questo ci puo interessare per chi fà ricette di tipo wit belga con grano non maltato n.d.t.) e step a 60/70 con l’utilizzo di frigo da campeggio come ammostatore, non ti devi preoccupare di diluire troppo il mash. Sui vantaggi di una infusione molto densa ci sono troppe fandonie.
In breve mash densi permettono agli enzimi di durare maggiormente a causa della stabilizzazione del mosto ma, sfortunatamente, gli stessi enzimi hanno una attività minore.
Anche John Palmer in almeno un articolo dichiara che una diluizione fino a 4 lt/kg è adeguata.
Nell’infusione più diluita gli enzimi sono più labili ed aumenti involontari di temperatura possono causare una distruzione delle beta-amilasi e ridurre troppo la fermentabilità.
Mash più densi sono così da preferire per i principianti o quando non si usa la solita attrezzatura.
La maggior parte degli HB usa una percentuale di 2.5/3 lt/kg che è normale per le ale in UK e più diluito per le lager; Kunze suggerisce 3/3.5 per birre scure e 4/5 per birre chiare.
Infusioni dense causano una caramellizzazione e reazioni di Maillard (produzione di melanoidine)
Ma, a mio avviso, la migliore reazione di Maillard avviene in maltazione dove, a condizioni ideali di umidità, temperatura e pH, vengono prodotte piu' melanoidine che in qualsiasi mash o decozione.
“Compra i tuoi composti di Maillard” è il mio approccio”.
Le infusioni più diluite, nell’ambito fin qui discusso(2/5 lt/Kg), si convertono più velocemente, hanno una resa in estratto maggiore e tendono meno a inscurirsi. Ma nessuna di queste caratteristiche influiranno sul risultato in una quantità tale da preoccupare - al di fuori delle birrerie commerciali che devono produrre sempre la stessa birra del lotto precedente.
“C’è un altro aspetto importante nell’avere delle conversioni veloci.
Un mosto di buona qualità ha un sapore fresco e questa freschezza è molto diminuita se il mash è prolungato nel tempo. Sa di insipido dopo poche ore e questo effetto è avvertibile.
Quando facevo le decozioni, mi accorgevo di questo fenomeno quando il mash rimaneva per 45’ o una ora a relativamente basse temperature. Il mosto sapeva di vecchio.
C’è da dire che la fermentazione migliora molto la frescezza di ogni mosto, ma non posso credere che un danno iniziale possa essere invertito, solo mascherato.
Penso che il danno al mosto sia dovuto a processi ossidativi. Sembra anche che una piccola aggiunta di bisolfito (25 ppm) possa rallentare questo fenomeno.
E’ difficile rendersi conto che le nostre attrezzature per l’ammostamento abbiano moltissima superficie esposta all’aria, soprattutto se messi in confronto con gli stessi delle birrerie commmerciali.
Noi HB di norma trasportiamo l’infusione dall’ammostatore al tino filtro ed esponiamo il mosto all’arriccchimento di ossigeno.
Se si fanno mash più diluiti, devi togliere l’acqua del risciacquo delle trebbie dal computo totale, 7 lt di liquido totale per kg di malti è circa il limite massimo.
Francamente ci sono pochi parametri che si ottengono dal mash e lo sparge, OG. limpidità (assenza di haze), assenza di sapori dovuti all’eccessivo risciacquo, grado di fermentabilità, adeguati livelli di FAN (corpo e tenuta di schiuma).
Se puoi controllare questi, poco altro può essere ottenuto da step mash complicati.
Il lievito e la sua preparazione, la scelta dei malti e dei luppoli sono molto più importanti”
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